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lunedì 31 marzo 2008

QUELLI CHE SE LA CERCANO

Un'altra giornata di sangue, un'altra vittima del calcio, un'altra famiglia che piange per una scomparsa prematura. Avevo già parlato ieri dell'argomento e non volevo tornare sull'accaduto poi però ho trovato questo interessante articolo di Stefano Olivari su "La Settimana Sportiva" e ho voluto riproporlo perché esprime alla perfezione il mio pensiero.
Non è vero che i morti sono tutti uguali: continuiamo a credere che gli atti delle persone abbiano una certa importanza anche nei paesi in cui la responsabilità individuale di fatto non esiste. Per questo l’ondata di retorica sulla morte del tifoso del Parma, condita dalla solita ipocrita decisione di non giocare la partita, ha avuto toni se possibile ancora più assurdi di quelli usati l’11 novembre scorso per la morte di Gabriele Sandri, un altro ragazzo di buona famiglia bisognoso psicologicamente di dare un inquadramento militare alla propria passione calcistica. Come nel caso del tifoso laziale, Matteo Bagnaresi e i suoi compagni avevano attaccato briga con tifosi della Juventus durante una sosta all’autogrill: non erano insomma passanti o appassionati di calcio che si stavano facendo gli affari loro, fra una rustichella fredda ed un very best di Pupo pescato nel cestone. Rispetto all’episodio di quasi cinque mesi fa, nato da un litigio fra cani sciolti ormai terminato e male interpretato da un poliziotto, quello dell’area di servizio Crocetta Nord ha una connotazione più classicamente da tifo organizzato. Un centinaio di Boys del Parma incrocia un gruppo di juventini lontani dal mondo ultrà (Juventus Club Crema) e dopo averli 'avvertiti' già in autostrada, assedia il loro pullmann con le solite modalità. Pezzi di vetro, cinghie, bottiglie, minacce, con tentativo di salire sull’automezzo: intenzioni al centodieci per cento non pacifiche, paura fra gli occupanti, alcuni dei quali già colpiti mentre erano allo scoperto, ed ovvia richiesta all’autista di scappare il più in fretta possibile. Qui Bagnaresi si piazza davanti al pullmann con le mani alzate: un pacifista sfortunato? Non escludiamo niente, ma di sicuro non si trovava lì per caso come sarebbe potuto essere, ad esempio, per un qualunque altro cliente dell'autogrill. Poi l’incidente e tutte le cose che si sono dette, con l’italianissimo tentativo di mettere tutto e tutti sullo stesso piano quando invece ci sono stati aggressori e aggrediti, professionisti della provocazione senza causa (ci riferiamo a tutti gli ultras del mondo, non solo i Boys) e tifosi normali, gente che veniva da tre anni di Daspo (come Bagnaresi) e persone che volevano solo occupare la propria domenica. Poi la nostra cultura-blob può mettere Sandri e Bagnaresi sullo stesso piano morale di Salvo D’Acquisto, anzi lo sta già facendo, con annessi minuti di silenzio, trofei alla memoria e sociologia del ‘siamo tutti colpevoli’, dimenticando che qualche volta alla morte si va incontro.
Non si può far passare un carnefice per vittima, né mettere sullo stesso piano chi ha perso la vita mentre stava facendo il proprio dovere (Filippo Raciti, per esempio), chi l'ha persa per cause che non dipendono da lui (Vincenzo Claudio Spagnolo, accoltellato nel gennaio del 1995) e chi in un certo senso se l'è andata a cercare con un comportamento tutt'altro che sportivo.

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