Dov’eravamo rimasti? Ah, già, al 24 giugno, giorno in cui l’Italia usciva dal Mondiale e si dimettevano in un solo colpo il Presidente Federale Giancarlo Abete e il commissario tecnico azzurro Cesare Prandelli.
Quale occasione migliore per fare tabula rasa e ripartire da zero? Quale occasione migliore per fare un’analisi dello stato pietoso in cui versa il calcio italiano e trovare le cure giuste? Quale occasione migliore per accantonare tutti i dinosauri che impediscono l’evoluzione del nostro calcio e dare potere a gente e facce nuove?
Ma qui siamo in Italia. Le occasioni migliori vanno a farsi friggere di fronte gli interessi dei singoli che hanno sempre comandato e continueranno a comandare. Chi se ne frega dello stato del calcio italiano quando ci sono interessi e torte da spartire.
E così ci ritroviamo il 18 agosto con Carlo Tavecchio presidente federale e Antonio Conte sulla panchina azzurra. Per carità, niente di nuovo. Si sapeva perfettamente già da qualche settimana che il successore di Abete sarebbe stato l’ex Presidente della Lega Nazionale Dilettanti.
Così come era noto ai più che dietro le dimissioni di Antonio Conte non c’erano solo divergenze con la dirigenza bianconera (solo un neonato poteva pensare che uno come Conte avrebbe abbandonato la panchina dei Campioni d’Italia il 15 luglio con il concreto rischio di stare un anno, o anche di più, fermo, senza avere niente di concreto in mano).
Del resto i numeri erano ampiamente dalla parte di Tavecchio che poteva godere dell’appoggio della Serie B (sinceramente mi aspettavo qualcos’altro da Abodi, probabilmente dietro ci sono promesse “elettorali” che non sappiamo), della Lega Pro e appunto della Lega Dilettanti, oltre che della metà delle squadre di Serie A, a partire da Galliani e Lotito che fungeranno da registi dietro le quinte. Non a caso l’effetto-Lotito si è subito visto con Roberto Mancini, principale candidato alla panchina dell’Italia, fatto fuori perché indigesto al presidente biancoceleste. Presto avremo notizie anche della fetta di torta che spetta a Galliani, state pur certi che non tarderà ad arrivare (e più tarderà e più sarà una fetta grossa).
Onestamente non è che Demetrio Albertini mi convincesse di più, anche perché mi pare che i due programmi non fossero granché diversi. Ma l’idea di affidare il potere a gente giovane, magari con idee innovative, che desse in qualche modo una scossa agli ormai consolidati intrallazzi e legami tra i soliti noti, mi piaceva molto. Provare per vedere come va a finire (feci simile riflessione qualche mese fa su Matteo Renzi, c’è bisogno di aria fresca, di gente giovane, di facce nuove). Difficilmente l’ex centrocampista rossonero avrebbe potuto fare peggio di un 71enne il cui curriculum (da dirigente e non solo…) parla da solo.
Ma purtroppo Albertini, essendo dirigente da poco tempo (mi pare otto anni), non ha legami forti con questo o quel Presidente, né era in grado di fare promesse elettorali forti, né tantomeno aveva condanne e/o avvisi di garanzia da sbandierare nel curriculum. Tutte “armi” in mano di Tavecchio che è dirigente di lungo corso, sa come vanno le cose e nel tempo ha potuto stringere alleanze con Tizio e Caio.
E pazienza se il nuovo Presidente Federale è ancora convinto che gli stranieri di colore siano dei mangiabanane e che le donne siano handicappate. Mi auguro almeno che sappia che il nuovo commissario tecnico azzurro si chiama Antonio Conte (diamo per scontato che l’abbiamo chiamato lui e non che l’abbia fatto qualcun altro a posto suo…) e che per lui non sia solo “quello che ha vinto lo scudetto” o “l’uomo col parrucchino”.
Purtroppo, come scrivevo qualche giorno fa, in Italia pare non ci sia niente di meglio…
3 commenti:
Il personaggio di Tavecchio è a dir poco squallido per vari motivi che cito in ordine sparso: le recenti gaffes a raffica, le condanne sul groppone, l'età, l'identità di buona parte dei suoi sostenitori.
Certo è significativo che l'unica altra candidatura (che sciaguratamente mi toccava augurarmi vincente) fosse il vice di Abete.
Devo dire però per onestà che mi sono piaciute entrambe le prime mosse di Tavecchio: Conte CT senza esborsi mostruosi (sarò ingenuo ma ero straconvinto che Conte aspettasse un club straniero, più che la Nazionale) e l'abolizione della squalifica per cori di "discriminazione territoriale" (che sarebbe diventata una ipocrisia ancora più insopportabile viste le dichiarazioni sulle banane).
Troppo poco per consolarsi, ma di questi tempi...
Decisamente una scelta infelice da parte di tutto il mondo del calcio.
In Italia siamo ancora ancorati ai vecchi sistemi, guai a cambiare rotta, a dare fiducia ai giovani, a provare a dare ossigeno nuovo ad un movimento che sta morendo.
Evidentemente ci meritiamo questo. Purché al prossimo flop non si faccia a gara a dettare consigli su come uscire dalla crisi...
Purtroppo contano i numeri e, ahinoi, i numeri erano dalla parte di Tavecchio.
Rinnovamento? Ma chi ha mai parlato di rinnovamento? I tifosi, i giornali quando la delusione per l'eliminazione era ancora fresca, e poi? Gli altri, come è stato più volte detto e scritto, sono troppo preoccupati di salvaguardare il proprio tornaconto per pensare ad altro...
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