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lunedì 22 luglio 2013

IL CALCIO ITALIANO E L’IMPORTANZA DI UN NUOVO MODELLO

Secondo il format stabilito dalla Figc attualmente in Italia ci sono 111 squadre professionistiche (20 in serie A, 22 in B, 69 tra Prima e Seconda Divisione di Lega Pro). Si ridurranno a 102 solo dalla stagione 2013-2014, quando il succedersi dei fallimenti in Lega Pro (quest’anno il Consiglio federale ne ha cancellate sette, riducendo l’organico a 62, ma si continua imperterriti nella perversa abitudine dei ripescaggi) renderanno inevitabile la riforma della terza categoria con tre gironi da 20 squadre.
Il numero incredibilmente alto di club che ruotano in Italia attorno al mondo professionistico è un’anomalia che, complice la crisi economica del Paese, non è più compatibile, né tanto meno sostenibile con le risorse finanziarie attuali.
Si tratta dunque di modificare il format dei campionati e di procedere, quanto prima, a una drastica riduzione delle società. In assenza di idee è necessario rifarsi a modelli organizzativi che in Europa hanno dimostrato di funzionare.
Sotto questo profilo il sistema inglese è sicuramente vincente sotto il profilo organizzativo. Oltre Manica è stato messo a punto un modello agile, assai semplice da tenere sotto controllo.
Per tempo (dal 1992) è stata decisa la scissione in due Leghe. Una corrispondente alla nostra serie A e l’altra che include le tre serie nazionali professionistiche (dove vige la regola del 24, applicata anche alle categorie dilettantistiche).
Il risultato è un modello che comprende solo 92 squadre, flessibile, correttamente gestito a tutti i livelli e più semplice da tenere sotto controllo.
La FA Premier League include solo i 20 club della massima serie. Tutte le altre società professionistiche (72) fanno parte della Football League, che comprende: la Championship (la nostra serie B, 24 squadre), la FL1 (la nostra Prima Divisione, 24 squadre) e la FL2 (la nostra Seconda Divisione, 24 squadre). Il resto del calcio inglese, che comprende 72 club, rientra nella Football Conference – omologa della nostra LND – divisa in: Conference National (24 squadre), Conference North (24 squadre) e Conference South (24 squadre).
Basterebbe attivare una riforma che, omologandosi al modello inglese, potrebbe consentire: a) la riduzione globale dei club inclusi nel calcio professionistico per una più equa distribuzione delle risorse; b) l’accorpamento nella stessa Lega delle società iscritte alla seconda, terza e quarta serie nazionale; c) la revisione del sistema dilettantistico, a sua volta poco sostenibile dal punto di vista economico.
E’ solo un’ipotesi. La realtà è che una riforma strutturale è ormai inevitabile. Poco importa se ispirarsi alle linee guida del sistema inglese, imitare un diverso modello organizzativo europeo oppure inventarsi qualcosa di completamente nuovo.
L’importante è iniziare a rimboccarsi le maniche e cominciare a fare qualcosa. Tutto l’opposto rispetto a quello che stanno facendo i nostri dirigenti.

ARTICOLO TRATTO DA: Calcio caos tra pletora, riforme e mancanza di fantasia

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2 commenti:

pippo ha detto...

l'elezione di beretta(leggi galliani...)in lega ed il metodo utilizzato,la riconferma di abete in figc(e qui tutti sono colpevoli)vanno esattamente nella direzione opposta.inter,juve,fiorentina e roma avevano individuato in Abodi un dirigente capace e innovativo ma....

Simone ha detto...

Sono almeno 5-6 anni che tra esclusioni, fallimenti, ripescaggi, ricorsi, riempire i tre gironi di Lega Pro é diventato un'impresa grottesca. Eppure continuano imperterriti.