Come requisiti, ci siamo.
Tanto per cominciare, l’età: 76 anni il prossimo 10 luglio.
Poi la fedina: radiato dalla giustizia sportiva; condannato a cinque anni e quattro mesi per associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva (primo grado); un anno per violenza privata (appello) nell’ambito del processo Gea, dal quale venne prosciolto dall’accusa di associazione a delinquere.
Un esercito di vedove inconsolabili: frutto, anche, di sentenze sportive che le motivazioni del verdetto penale e la relazione del procuratore Stefano Palazzi hanno confutato allargando l’arco delle responsabilità (all’Inter, per esempio).
L’originalità dello schieramento: «Riformisti iitaliani», Stefania Craxi, centro-destra (si dice ancora così?), area Pdl, cioè Silvio Berlusconi, colui che, in qualità di presidente del Milan, all’alba di Calciopoli prima lo invitò a Palazzo Grazioli (con Antonio Giraudo) e poi, orecchiata l’arringa di Palazzi, cominciò a invocare la «restituzione» di due scudetti, addirittura, mica solo di uno.
Lo slogan: «Guerra al circo mediatico-giudiziario».
La non competenza specifica che non significa – in Italia, almeno – crassa incompetenza: ex direttore generale della Juventus, grande esperto di mercato, mai fatto politica ma sempre stato un «politico».
La candidatura di Luciano Moggi mi ha strappato un sorriso. Siamo proprio un Paese senza memoria, come ha ribadito, nel suo «Buongiorno», Massimo Gramellini. O con troppa memoria, a volte, visto il ritorno di Giovanni Petrucci alla presidenza della Federbasket, la fionda che, nel 1999, lo scagliò al vertice del Coni.
Insomma: Lucianone «sul campo» come Josefa Idem e Valentina Vezzali. Piaccia o non piaccia. Voto? (Beck is back)
Come non essere d’accordo con quello che scrive Roberto Beccantini nel suo blog?
Già venerdì avevo espresso tutta la mia perplessità per una candidatura che faticavo a comprendere. Anche se poi un amico che capisce di politica molto più di me mi ha spiegato che la candidatura di Moggi aveva molta logica. Qual’è la priorità dei partiti? Raccogliere voti. E uno come Moggi non faticherà certo a raccogliere consensi e voti tra i sostenitori bianconeri del Piemonte rimasti orfani (o dovrei dire “vedove”…) del loro mentore.
In un paese normale un soggetto come Luciano Moggi si sarebbe fatto un bel po’ di galera e una volta uscito se ne sarebbe tornato al suo paesello a coltivare pomodori e crescere galline, isolato da tutto e da tutti. Invece in Italia un soggetto del genere è considerato, a secondo dei punti di vista, un martire o un santo. Gli si dà spazio su giornali e televisioni, si dà molto importanza a ciò che dice. E ora addirittura viene candidato alla Camera, accompagnato da una dichiarazione da far rizzare i capelli. “Moggi è il più grande manager sportivo italiano e la sua vita è stata distrutta da un’operazione giustizialista. Dunque, non è solo il nostro capolista in Piemonte, ma il simbolo di una rivolta contro questo ventennio di persecuzioni”.
Forse potrei essere d’accordo sul fatto che Moggi sia un grande manager sportivo (non possiamo negare che capisca di calcio come pochi), ma tutto il resto, come direbbe il buon Fantozzi “è una cagata pazzesca”.
Ma siamo in Italia signori. E qui tutto è possibile. Anche che un colpevole (con tanto di sentenza, se per caso qualcuno l’abbia dimenticato) diventi innocente e vittima di “un’operazione giustizialista”. E venga candidato come simbolo di una rivolta.
Quale sarà il prossimo passo? Chiedere la beatificazione di “San Luciano Moggi da Monticiano, protettore di tutti i colpevoli condannati ingiustamente”?
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3 commenti:
Io ormai non mi meraviglio più di nulla nemmeno che un soggetto come Moggi venga candidato alla Camera perché considerato "il più grande manager sportivo, vittima di un'operazione giustizialista".
Non lo votare
Tu ti scandalizzi per la candidatura di Moggi ma guarda che di gente che non c'entra nulla con la politica ne sono pieni i partiti. Dalle sportive Valentina Vezzali e Josefa Idem alla cantante Annalisa Minetti, al tronista Giovanni Conversano, all'attrice Ottavia Piccolo.
Per non parlare dei politici che hanno infilato nelle liste nipoti, generi, cognate, cugini e via discorrendo.
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