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martedì 3 agosto 2010

IN SERIE A VA DI MODA LO STRANIERO. E L'ITALIANO?

Si continua a discutere sulla disfatta delle nostre Nazionali, sul provvedimento per ridurre il numero di extracomunitari, sui problemi del nostro calcio, ma la sostanza non cambia: meglio uno straniero oggi che un italiano domani. Le nostre società proseguono ad importare calciatori esteri da tutte le parti del mondo. I nuovi arrivati, ad un mese della fine del mercato, sono già 32. L'anno scorso ad inizio settembre erano 31.
Nonostante la più deludente Italia di sempre in un Campionato del mondo, nonostante le disastrose debacle europee dell'Under 21 e dell'Under 19, nono
stante le polemiche, i discorsi, le proposte per rilanciare la nostra Serie A, non è cambiato nulla.
Siamo sempre alla stessa storia: nel mercato italiano, ogni estate, ecco sbarcare fior fiori di sconosciuti stranieri, pseudo talentuosi sudamericani, pittoreschi extracomunitari. Fino a qualche anno fa almeno arrivavano i Kakà, gli Ibrahimovic, i Pato, ora il livello si è decisamente abbassato. E tutto ciò penalizza esclusivamente i calciatori italiani, che trovano sempre meno spazio per poter emergere e spesso sono costretti ad emigrare all'estero a loro volta.
Basti pensare che, in questa estate povera di colpi rilevanti in tutta Europa, in Italia le "bombe" di mercato sono state Miguel Veloso, Franco Zuculini, Javier Garrido, Gabriel Paletta o Ezequiel

Munoz. Tutti buoni giocatori, ma nessun fenomeno. L'unica a prendere un potenziale campione è stata l'Inter con l'acquisto del giovane Coutinho.
E il prossimo mese di agosto non fa prevedere all'orizzonte trattative memorabili. I nomi più altisonanti sono quelli di Milos Krasic (classe '84), Javier Mascherano (classe '84), Hernanes (classe '85). Anche qui si tratta di grandi professionisti, magari anche con esperienza, ma non di assoluti fuoriclasse in grado di fare la differenza. Non ci sono italiani nel nostro campionato al loro livello?
Luca Cigarini (classe '86) e Tiberio Guarente (classe '85) sono andati al Siviglia, preso atto che le grandi come Inter, Roma, Milan e Juventus non erano minimamente interessate al loro cartellino. Antonio Candreva (classe '87) è rimasto ad Udine, perchè nella Juve non aveva convinto. Nessuno dei nostri top club ha fatto a gara per prendere Andrea Poli (classe '89), nonostante la grande stagione alla Samp. E poi i vari Galloppa, Biagianti, Mannini, Palladino, Guberti, Mesto, Foggia, Bocchetti, Mantovani, Astori, Matri, tutti a giocare in squadre di media classifica, malgrado l'età compresa tra i 23 e i 27 anni e diverse ottime stagioni alle spalle in Serie A.
Nessuno investe su di loro, nessuno punta su di loro. E non giocando con regolarità la Champions League, mancando di esperienza internazionale, poi non riescono nemmeno ad essere utili alla Nazionale maggiore. Un male grave, anche perchè gli stranieri che arrivano da noi, poi restano a lungo: dei 31 arrivati lo scorso anno ne sono partiti soltanto 12.
Appare calzante una frase pronunciata a fine 2009 da Sebastian Giovinco: "Se fossi stato brasiliano o argentino, a quest'ora giocherei di più e sarei preso maggiormente in considerazione. A volte rimpiango di essere italiano." L'esterofilia prosegue, ma qualcuno deve cominciare a mettere un freno: il trio composto da Baggio-Rivera-Sacchi è la soluzione giusta. Il cambiamento deve partire dal loro nuovo incarico
. (
SportMediaset)


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3 commenti:

Mattia ha detto...

Il succo del discorso è racchiuso nella frase di Giovinco. Si fosse chiamato Giovinsky o Giovinhao non avrebbe avuto problemi ad essere titolare in serie A

Matrix ha detto...

Ma smettiamola con questo continuo ed inutile piagnucolarci addosso. Se emergono gli stranieri è perchè sono più bravi, più umili e non si montano la testa appena fanno un paio di buone prestazioni o si comprano la Ferrari nuova.
Smettiamola di coccolare questi giovani. Sono proprio loro che devono rimboccarsi le maniche e finirla di atteggiarsi a divi.

Entius ha detto...

Finalmente una voce fuori dal coro. In effetti gli stranieri sono meno "star" e più propensi al sacrificio. E spesso costano pure meno.
Le squadre italiane puntano agli stranieri ma siamo sicuri che le colpe siano tutte dei club?