La nazionale di calcio della Siria, un paese che da sei anni è coinvolto in una guerra civile che ha causato più di 400mila morti, ha ottenuto la qualificazione per i playoff dei Mondiali di calcio 2018, il penultimo turno di qualificazioni prima del torneo ufficiale, che sarà in Russia la prossima estate. La Siria ha ottenuto la qualificazione pareggiando 2-2 contro l’Iran nell’ultimo turno di partite del girone A della federazione asiatica, il punto conquistato le ha permesso di arrivare terza nel girone e accedere ai playoff (ai primi due posti sono arrivate Iran e Corea del Sud). La qualificazione è arrivata in modo piuttosto rocambolesco: il gol del 2-2, che ha permesso di superare l’Uzbekistan in classifica, è arrivato solamente al 92esimo minuto di gioco.
Per la Siria non sarà facile qualificarsi ai Mondiali: ai playoff, che si giocheranno fra il 5 e il 10 ottobre, dovrà vedersela con l’Australia, una nazionale molto più esperta e abituata a giocare ad alti livelli. In caso di vittoria accederà ad uno spareggio intercontinentale con la quarta classificata del girone di qualificazioni nordamericano.
Quella contro l’Australia è un’altra partita sulla carta proibitiva, ma non impossibile per una squadra che negli ultimi ha dovuto superare difficoltà ben diverse da quelle che possono rappresentare undici avversari su un campo da calcio. Costretta in esilio, dal 2011 non gioca più una partita in uno stadio di casa. Per colpa della guerra civile 38 calciatori sono stati assassinati e oltre 200 sono scappati dalla massima serie.
Quella siriana è definita da molti la “Nazionale del regime“, fortemente sostenuta da Bashar Al-Assad. Ma durante la guerra civile ha sopportato tutte le sofferenze subite dai suoi connazionali. Le partite casalinghe la Siria le gioca a Malacca, in Malesia, a circa 7mila chilometri da Damasco. E’ stato persino complicato trovare uno stadio per poter giocare le qualificazioni: nessuno voleva ospitare la selezione di un Paese guidato da un presidente inviso a molti in Occidente come in Oriente. I ribelli siriani si erano persino organizzati per avere una loro rappresentativa, ma la Fifa non l’ha riconosciuta. Simbolo di quella Nazionale sarebbe stato Firas Al-Khatib, attaccante che dopo 26 reti in 51 presenze aveva abbandonato la selezione della Siria per protestare contro il regime. In nome del sogno Mondiale però, Al-Khatib è tornato a vestire la maglia del suo Paese proprio durante le qualificazioni. A 34 anni, il ribelle è anche il capitano della squadra che spera ora di arrivare a Russia 2018.
Quasi nessuno dei calciatori che hanno conquistato la storica qualificazione ai play-off milita nella Premier League siriana, il massimo campionato nazionale, dove si guadagnano circa 200 dollari all’anno. Giocano nei paesi del Golfo, qualcuno addirittura alle Maldive, nessuno in Europa.
Ora per coronare il sogno mancano solo due sfide. La prima con l’Australia, terza nell’altro girone dell’Asia. Se dovesse superare questo primo ostacolo, giocherebbe poi l’incontro decisivo per arrivare ai Mondiali in Russia, quello contro la quarta classificata del girone del Centro e Nord America. E in questo momento in quarta posizione ci sono, guarda a caso, gli Stati Uniti.
Quella siriana è definita da molti la “Nazionale del regime“, fortemente sostenuta da Bashar Al-Assad. Ma durante la guerra civile ha sopportato tutte le sofferenze subite dai suoi connazionali. Le partite casalinghe la Siria le gioca a Malacca, in Malesia, a circa 7mila chilometri da Damasco. E’ stato persino complicato trovare uno stadio per poter giocare le qualificazioni: nessuno voleva ospitare la selezione di un Paese guidato da un presidente inviso a molti in Occidente come in Oriente. I ribelli siriani si erano persino organizzati per avere una loro rappresentativa, ma la Fifa non l’ha riconosciuta. Simbolo di quella Nazionale sarebbe stato Firas Al-Khatib, attaccante che dopo 26 reti in 51 presenze aveva abbandonato la selezione della Siria per protestare contro il regime. In nome del sogno Mondiale però, Al-Khatib è tornato a vestire la maglia del suo Paese proprio durante le qualificazioni. A 34 anni, il ribelle è anche il capitano della squadra che spera ora di arrivare a Russia 2018.
Quasi nessuno dei calciatori che hanno conquistato la storica qualificazione ai play-off milita nella Premier League siriana, il massimo campionato nazionale, dove si guadagnano circa 200 dollari all’anno. Giocano nei paesi del Golfo, qualcuno addirittura alle Maldive, nessuno in Europa.
Ora per coronare il sogno mancano solo due sfide. La prima con l’Australia, terza nell’altro girone dell’Asia. Se dovesse superare questo primo ostacolo, giocherebbe poi l’incontro decisivo per arrivare ai Mondiali in Russia, quello contro la quarta classificata del girone del Centro e Nord America. E in questo momento in quarta posizione ci sono, guarda a caso, gli Stati Uniti.
Theseus
2 commenti:
Dubito che la Siria possa farcela, ma mai dire mai. Soprattutto nel calcio. Mi auguro che riesca ad arrivare in Russia.
Tutto può succedere. Non sarà facile ma non è neanche impossibile.
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