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venerdì 12 agosto 2016

STORIE DI BIDONI - MARTIN DAHLIN

Acquistati con la fama di campioni in grado di fare la differenza e finiti presto nel dimenticatoio. Sono tanti i bidoni arrivati in Italia preceduti e/o seguiti da grandi titoli di giornali e grandi aspettative dei propri tifosi e andati via senza troppo rimpianti. Elencarli tutti è impossibile, proveremo a ricordarne qualcuno.

MARTIN DAHLIN
Luogo di Nascita: Uddevalla (Svezia)
Data di Nascita: 16/04/1968
Ruolo: Attaccante
Squadra: Roma

Caso più unico che raro di calciatore svedese colored (il padre è di origine venezuelana) esordì da professionista con la maglia del Malmoe nel 1987. Resta in Patria fino al 1991, quando si accorge di lui il Borussia Monchengladbach, e lo porta in Bundesliga, torneo che contraddistinguerà maggiormente la sua carriera e dove meglio si esprimerà.

Fu a lungo osservato e seguito dagli addetti di mercato della Roma che lo avevano ammirato anche ai Mondiali in Usa dove aveva favorevolmente impressionato da assoluto protagonista: era il centravanti titolare della Nazionale svedese (con cui gioca complessivamente 60 gare e mette a segno 29 centri) e aveva disputato delle gare eccezionali, segnando la bellezza di 4 reti nella competizione. L’anno precedente (1993) era anche stato nominato miglior giocatore svedese. Insomma, in breve tempo, grazie anche ai 50 gol realizzati in Germania, diventa un oggetto del desiderio: Dahlin quindi, alla scadenza del suo contratto con i tedeschi si accorda segretamente con la Juventus.

Tuttavia, i dirigenti del Borussia furono lungimiranti: per non far valere un’opzione sul rinnovo di un altro anno del contratto del giocatore, chiedono in cambio ai bianconeri una forte somma. Quella vecchia volpe di Moggi capisce che non ne vale la pena e molla tutto. I dirigenti della Roma non credono ai propri occhi quando si trovano la strada libera verso Dahlin, e si buttano a capofitto nell’operazione del suo acquisto: accettano le condizioni dei tedeschi e lo portano nella Capitale. La Roma lo strappò sul filo di lana alla Fiorentina, aggiungendo ad un reparto di assoluto valore (costituito da Balbo, che segnava sempre in doppia cifra, Fonseca, che era nel periodo migliore della sua carriera e il “pupetto” Totti) un altro prezioso elemento. Così si pensava. Invece, complice anche un infortunio ad un ginocchio, vede il campo solo in tre misere occasioni, facendo veramente pena. In giallorosso si intravide la brutta figura di quel giocatore ammirato ai Mondiali: sempre imbronciato, sin dal primo giorno di ritiro, lento, goffo ed impacciato, una leggenda metropolitana racconta addirittura che i compagni di squadra si fecero dire da Thern, suo connazionale, delle parolacce in svedese pur di insultarlo. Il tecnico di allora Carlos Bianchi lo accantona ben presto e lui si lamenta, chiedendo subito al suo procuratore una nuova sistemazione. Sensi, resosi conto del “Bidone”, a Gennaio accetta di rimandarlo al mittente, in prestito fino alla fine della stagione.
Al termine della stessa, però, ha fatto terra bruciata intorno a sé: il rapporto con la società si deteriora irreversibilmente quindi, disperato, accetterebbe di buon grado un ritorno in Italia dove però, rimasti scottati, non pensano minimamente a lui. Finisce quindi al Blackburn Rovers, con la pesante eredità di Shearer, appena passato al Newcaste: impietoso. Segna solo 4 reti, poi torna in Gemania nell’Amburgo, dove gioca solo qualche partita senza segnare. Sfiduciato, prende allora la decisione di chiudere con il calcio giocato, ad appena 30 anni.
 Articolo tratto da: www.calciobidoni.it

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1 commento:

Rudy ha detto...

Mamma mia, che attaccante scarso. Uno dei peggiori presi dalla Roma, anche se ce ne sono stati altri.