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sabato 5 marzo 2016

PIOGGIA DI YUAN SUL CALCIO: L’EUROPA SCOPRE LA CINA

Cina calcio, l’Europa scopre la nuova frontiera del mercato: a Oriente in questa sessione non si è badato a spese, tanto da diventare la lega ad aver investito più soldi negli acquisti. Una vera e propria rivoluzione che in Cina si sta portando avanti a forza di yuan, e che rischia di cambiare la geografia del calcio mondiale. Ma è una rivoluzione che non nasce per caso.

Il campionato in Cina è nato addirittura nel 1951, diventando professionistico solo nel 1994. Dieci anni dopo, nel 2004, è arrivata la riforma che lo ha trasformato nel torneo attuale: sedici squadre (che possono cambiare città mantenendo il nome, in stile Nba) con partite da marzo a fine ottobre, con anche una pausa estiva. Il problema, però, è tecnico (il livello è sempre stato scarso, tanto che la nazionale cinese è 93ª nel ranking Fifa) ma anche di interesse, visto che il calcio (almeno quello locale) non è propriamente lo sport più seguito nel paese orientale. Come migliorare entrambi? Investendo.




Le idee arrivano in gran parte da Xi Jinping, Presidente della Repubblica popolare cinese dal 14 marzo 2013. Che prima ha pensato al futuro calcistico del paese, con un piano decennale per la “produzione” di 15mila calciatori in più all’anno, inserimento del calcio nei percorsi scolastici e la costruzione di 50mila campi in tutto lo Stato. Poi ha pensato al calcio di oggi: “suggerimenti” statali alle grandi aziende per investire nelle società o investimenti dello stesso stato (basti pensare al Guangzhou FC, acquistato nel 2010 per 150 milioni dall’Evergrande Group, leader nel settore dell’edilizia, oppure allo Shandong Fc, di proprietà di della State Grind Corporation of China, la più grande società elettrica al mondo con un fatturato di oltre 300 miliardi), abbattimento della pressione fiscale sugli stessi club per quanto riguarda il mercato, come riporta il quotidiano Libero. I risultati? Sono sotto gli occhi di tutti, e non solo perché gli spettatori sono aumentati del 250% dal 2010 ad oggi o perché gli incassi si sono decuplicati, ma anche per le cifre che i club possono spendere sul mercato. Aspettando, spera Jinping, i Mondiali 2026.

Inizialmente gli obiettivi per la Cina sul calciomercato potevano essere due: o gli allenatori, magari qualche santone d’esperienza che potesse alzare la cultura calcistica generale, oppure qualche big a fine carriera. Così a Oriente nelle scorse stagioni si sono visti arrivare tra gli altri Marcello Lippi e Sven-Göran Eriksson in panchina, Didier Drogba e Nicholas Anelka in campo. I soldi facevano comodo, nonostante i giocatori scappassero quasi subito. Ora, però, il discorso sembra diverso, anche perché sono cambiate mentalità e provenienza: non più solo big a fine corsa o di campionati secondari, ma anche giocatori nel pieno della crescita in Liga o in Serie A. Come Alex Teixeira, arrivato dallo Shakhtar Donetsk al Jiangsu Suning per 50 milioni. E non è stato l’unico grande acquisto.
Basti pensare all’affare Jackson Martinez, che ha portato nelle casse dell’Atletico Madrid ben 42 milioni provenienti dal Guanghzou, ma anche a quelli di Guarin e Gervinho, che con le importanti cifre incassate hanno anche dato una bella mano a Inter e Roma per i bilanci. E poi Ramires, Gil, Mbia, tutto il campionato ha fatto razzia nel gennaio appena concluso: la Chinese Super League infatti è stata la Lega che ha speso di più (superata la Premier League), e addirittura pure la B cinese ha investito molto, tanto da aver sborsato più soldi di Bundesliga, Liga e Ligue 1. Nel 2014 100 milioni, nel 2015 170, oggi oltre 290, grazie all’ultimo colpo, quello di Lavezzi, acquistato dall’Hebei per 5,5 milioni di euro e che in Cina avrà un contratto monstre da 13 milioni annui (più bonus).

Le società in Cina hanno una enorme disponibilità: così in un colpo solo accontentato i club europei (che di soldi hanno sempre bisogno, soprattutto in Italia) ma anche i giocatori, garantendogli cifre che difficilmente potrebbero incassare nel vecchio continente. Nel 2009 Damiano Tommasi, sbarcato a Oriente (primo italiano, seguito poi dai vari Gilardino e Diamanti negli ultimi anni), aveva un ingaggio da 40mila dollari al mese: ora Jackson Martinez ha uno stipendio da 12,5 milioni di euro annui. Senza dimenticarsi i bonus alla firma, che per rimanere all’affare Guarin, si aggirava sui 5 milioni di euro.
Pure agli allenatori in fondo non va male: Eriksson percepisce 19 ad annata dallo Shanghai SIPG, mentre il nostro Alberto Zaccheroni (che proverà a seguire i successi di Lippi, 3 scudetti e una Champions League asiatica con il Guanghzou) ha un biennale da 5 milioni a stagione con il Beijing Guoan.

La Cina sembra poter essere la nuova frontiera del calcio, ma gli interessi maggiori restano ancora in Europa.
Un’esplosione di investimenti avvenuta negli ultimi anni. Molto importante il ruolo del gruppo Dalian Wanda, che ha messo le mani su Infront e poi su una quota minoritaria dell’Atletico Madrid, così come in Spagna la cinese Rastar Group ha acquisito il 45% dell’Espanyol. L’affare forse di maggior rilievo riguarda l’entrata nel City Football Group (holding cui fanno capo il Manchester City, il New York City Football Club, i Melbourne City e gli Yokohama Marinos) della banca Citic per una cifra intorno ai 400 milioni di euro.
La Gestifute di Jorge Mendes (procuratore tra gli altri di Mourinho e Cr7) ha aperto alla Cina, così come la seconda divisione in Portogallo, che sarà sponsorizzata dalla Ledman, società di Shenzen, oltre allo Slavia Praga, il cui 60% è della China Energy Company Limited. In Italia c’è il tentativo di Mr.Bee per il Milan, per il quale si attendono novità, ma anche l’espansione di rossoneri e dell’Inter in Cina tramite le tv ufficiali e soprattutto l’affare Pavia, acquistato nel 2014 da una cordata cinese. Un calcio sempre più indirizzato verso Oriente, anche in Europa.
 FONTE: CALCIO&FINANZA 

1 commento:

Theseus ha detto...

Per il momento mi sembra solo un movimento che ha disposizione un gran quantitativo di denaro e lo sfrutta per contratti faraonici e fuori mercato. Un po' come certi presidenti e sceicchi arabi che affollavano e affollano il calcio.
Non basta comprare "figurine" per creare una squadra forte o, come in questo caso, per dare vigore ad un movimento calcistico. Va bene se lo fai per questioni pubblicitarie e di immagine, ma nient'altro.