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sabato 13 febbraio 2010

L'ANNUS HORRIBILIS DEGLI ALLENATORI. CONTA SOLO IL RISULTATO

"Per allenare in questo campionato bisogna essere degli eroi". Parlando di Ciro Ferrara, poche ore prima del suo esonero dalla Juventus, il tecnico dell'Inter Josè Mourinho aveva definito con queste parole il mestiere dell'allenatore in Italia di questi tempi.
Certo, fare l'allenatore di una squadra di Serie A non è mai stato un lavor
o facile nè di lunga durata (se consideriamo il rapporto fra un tecnico e una singola squadra). Storicamente, rispetto ad altri campionati, da noi sono state poche le eccezioni: se in Inghilterra il caso di Alex Ferguson (sulla panchina del Manchester United dal 1986 ad oggi) è rappresentativo di un modo di intendere il rapporto fra un club e il suo manager, in Italia i casi alla Trapattoni (sulla panchina della Juventus dal 1976 al 1986 e poi ancora dal 1991 al 1994) costituiscono, appunto, delle felici eccezioni.
In questa stagione, però, questa tendenza storica si è ulteriormente radicalizzata e stiamo assistendo al record di esoneri nel massimo campionato. Con quello di Ballardini siamo a quota 14: oltre al tecnico licenziato dalla Lazio dopo la 22a giornata,ricordiamo gli esoneri di Spalletti (Roma, 2a), Gregucci (Atalanta, 4a), Donadoni (Napoli, 7a), Ruotolo/Russo (Livorno, 8a), Papadopulo (Bologna, 8a), Giampaolo (Siena, 10a), Baroni (Siena, 13a), Zenga (Palermo, 13a), Atzori (Catania, 15a), Marino (Udinese, 17a), Conte (Atalanta, 18a), Bonacina (Atalanta 19a) e Ferrara (Juventus, 21a).
Se poi guardiamo ai superstiti - Mourinho (Inter), Leonardo (Milan), Del Neri (Sampdoria), Gasperini (Genoa), Allegri (Cagliari), Ventura (Bari), Prandelli (Fiorentina), Guidolin (Parma), Di Carlo (Chievo) - e consideriamo, oltre all'ipotesi esonero (sempre in agguato per chiunque), anche le voci di mercato (Mourinho-Real Madrid, Gasperini-Juventus, Prandelli-Nazionale), i casi particolari (la situazione di Del Neri alla Samp, con l'affaire Cassano sempre pronto a riesplodere) e altre situazioni legate strettamente al risultato (la qualificazione alla Champions per Leonardo al Milan
o la salvezza per Di Carlo al Chievo), potremmo addirittura ipotizzare di arrivare all'inizio del prossimo campionato con il 100% dei tecnici cambiato rispetto all'inizio di questa stagione.
Il risultato, appunto. Sembra essere questo l'unico parametro di valutazione del lavoro di un allenatore nel calcio italiano, un parametro di fronte al quale, quando i tre punti mancano per troppo tempo o viene meno il risultato finale, l'allenatore è il primo a pagarne il prezzo in prima persona. La pensa così anche Gennaro Ruotolo, sollevato dall'incarico (insieme a Russo) a Livorno a inizio campionato: "In Italia quando non arrivano i risultati il primo a pagare è l'allenatore - spiega a Calciomercato.com -. Non si possono cambiare quindici giocatori e quindi si cambia l'allenatore. L'allenatore sa che deve vivere in base ai risultati e che verrà giudicato solo in base a quelli".
"Anche Mourinho si è reso conto che in Italia contano solo i risultati - prosegue il tecnico, ora impegnato con la Primavera amaranto -. Nel nostro Paese c'è questo modo di fare e di pensare il calcio. Se non fai risultato vai a casa. Se è giusto? Forse dopo poche giornate magari no, ma se uno porta avanti un programma e poi quel programma non funziona, allora è giusto che lasci il posto ad altri". (
Calciomercato.com)


Ho trovato interessante questo articolo e l'ho riproposto perché credo ci siano gli elementi per un dibattito sull'argomento.Voi che ne pensate? C'è troppa fretta di esonerare in Italia? I nostri presidenti sono troppo legati al risultato subito? Aspetto le vostre opinioni.

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5 commenti:

Riccardo Troiani ha detto...

purtroppo conta sempre e solo il risultato, soprattutto nel calcio businessato di oggi (passami il termine). :)
buona giornata...

Anonimo ha detto...

Ecco xkè poi squadre come il Manchester United restano sempre grandi! Fergusson non ha pressioni psocologike in nessuna competizione premier o champion's che sia.ciao

Matrix ha detto...

Ogni allenatore ha un progetto e si deve dare il tempo per realizzarlo.
In Italia basta perdere un paio di partite per essere messo in discussione.
Penso a Zenga per esempio, licenziato con troppa facilità o a Gregucci silurato dopo 4 giornate appena.

Unknown ha detto...

Ferguson è stato anche ad un passo dall'esonero, quando anni fa il Manchester era allo sbando..certo è che lì c'è una mentalità molto più "manageriale", e cacciare un allenatore è qualcosa che tendono ad evitare accuratamente.

In Italia c'è questa tendenza, amplificata maggiormente quest'anno dal grande numero di squadre che andavano cercando un rinnovamento puntando su nuovi tecnici, che non hanno poi avuto il conforto dei risultati. Nessuno vuole buttare un anno, e alla fine pensando a Mazzarri e Rossi come dare torto a chi li ha presi cacciando i vecchi tecnici?

Paga sempre l'allenatore, e sarà sempre così..

Entius ha detto...

E' vero che paga sempre l'allenatore ma è anche vero che non si può giudicare il lavoro dopo poche giornate.
E' un pò come quando esordisce un giovane. Se sbaglia la prima o la seconda partita viene bocciato definitivamente senza possibilità d'appello.
Ricordo spesso (e in qualche altro post l'avrò sicuramnete citato) quando Mandorlini partì malissimo con l'Atalanta. Non venne esonerato e fece un girone di ritorno strepitoso sfiorando pure la salvezza.