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mercoledì 2 novembre 2016

SE AVESSIMO AVUTO UNA SOCIETA' SERIA...

«Questo allenatore l'ho scelto io, gode della massima fiducia. Chi non segue le sue indicazioni non rimarrà». È il 22 ottobre 1987, il Milan è stato appena umiliato in casa dall'Espanyol, uno 0-2 che preannuncia una precoce eliminazione dalla Coppa Uefa. In campionato, battute Pisa e Ascoli, le prime cinque giornate hanno lasciato due pareggi, a Cesena e nella Genova blucerchiata, e una sconfitta interna con la Fiorentina. Poco, troppo poco per una proprietà entrata nel calcio con l'elicottero, per un manipolo di uomini con l'ambizione di dominare il calcio in lungo e in largo. Eppure, nella rosa di possibilità a disposizione della società rossonera, Berlusconi sceglie di entrare a gamba tesa sullo spogliatoio, schierandosi con il tecnico e legittimandone l'operato passato, presente e futuro.

Ventinove anni e una manciata di giorni dopo, sull'altra sponda dei Navigli la lezione non è ancora stata compresa. Ottanta giorni di silenzio assordante, nel corso dei quali Frank de Boer è stato costretto a vivere una vita a metà tra Don Chisciotte e Aureliano Buendia. Un "soldato di una guerra persa prima del suo inizio", chiamato all'alba della notte di San Lorenzo per fare una rivoluzione in solitaria, con una truppa formata e addestrata con tutt'altre intenzioni. Lui parla, i soldati non ascoltano, la stampa sente l'odore del sangue e si lancia sulla preda alla prima occasione utile.
E la società? Indonesia, Cina, Milano, ci siete? Niente, silenzio, costante e assordante silenzio. Anche quando la stampa sferra l'ennesimo attacco sul generale olandese, colpevole di non aver portato a Genova il prode Gabigol, giovane rampollo brasiliano presentato come il miglior discendente della stirpe de Lima, nessuno si prende la briga di intervenire con un seppur leggero fuoco di copertura.
Eppure non ci voleva tanto, sarebbe bastato presentarsi ai microfoni e ripetere il mantra berlusconiano, fare quadrato, legittimare il tecnico e le sue idee, lanciare un messaggio alla stampa affinché la squadra capisse. In altre parole, comportarsi da società, una volta per tutte, sostenendo il tecnico, che alla fine tutti sappiano come stanno le cose: chi è contro di lui è contro di noi, fine della storia.
Sarebbe stato bello, sarebbe stato giusto, e lo dico da interista. Avremmo perso ancora, saremmo stati umiliati di nuovo contro il Beer Sheva di turno, ma alla fine le cose sarebbero cambiate, e il calcio olandese finalmente sarebbe tornato a Milano, questa volta dalla parte "giusta". Non è andata così, arriverà l'ennesimo "normalizzatore", tornerà a dominare la tranquillità, il compitino di chi non rischia mai, l'ordinarietà di chi vuole solo arrivare al novantesimo.
Così Frank se ne va, sbeffeggiato da giornalisti e giornalai che non hanno un decimo della sua cultura calcistica, che non hanno e non avranno mai l'onore di studiare calcio da Cruyff e van Gaal, che ogni lunedì incensano o condannano in base al risultato del giorno precedente, che non arriveranno mai a comprendere la bellezza della rivoluzione.
Non ascoltarli Frank, non ne vale la pena.
«Tieni gli occhi sempre aperti, custodisci l'ultima idea. Noi ci prepariamo a seguirti»
FONTE: Storie del Boskov


1 commento:

Brother ha detto...

Ecco, appunto. Se avessimo avuto una società seria. Ma di serio fin qui c'é solo la nostra situazione di classifica. E continuiamo a far ridere i polli. Vergognosi!!!