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giovedì 28 maggio 2015

ADDIO A GRAZIANO COLOTTI, SALVEZZA E PROBLEMA DEL CALCIO

Forse Graziano Colotti era la salvezza del calcio. Forse era il problema del calcio. La salvezza, perché era uno di quei tecnici che amano lavorare con i ragazzini per educare uomini oltre che calciatori, pensano alla tattica ma più alla tecnica e ancor di più all’etica, guardano non al risultato ma a come l’ottieni, badano alla lealtà e al rispetto dell’avversario, e non nei grotteschi e retorici modi degli spot Tim, ma sul serio. Il problema, esattamente per gli stessi motivi: gente così ormai è d’intralcio in uno sport diventato un combattimento tra cani miliardari, col pubblico che si scanna ancor di più mentre li guarda, tipo spalti del Colosseo. Ufficialmente tutti si riempiono la bocca di lodi per questi allenatori, tanto le parole non costano niente. Soldi per i progetti che hanno in mente, manco a parlarne. Lasciare gestire il calcio a loro, men che meno. In realtà chi conta davvero non vede l’ora che gente così- esaurito un ruolo di testimonianza, di ornamento, di copertura in buona fede di tante bruttezze – levi il disturbo e li lasci lavorare.
Graziano il disturbo l’ha levato, con la sua solita discrezione, morendo dopo una malattia bastarda. Allenava nelle sue Marche, fra Tolentino e San Severino. Quarant’anni di calciatori sfornati perdendoci tempo libero (il suo vero lavoro era vigile urbano), soldi (figurati quanto ti rimborsano) e nervi (dirigenti ottusi, più varie ed eventuali). Ma soprattutto aveva sfornato persone capaci di capire varie cose. Che la vita non è solo un prato verde, una linea bianca laterale, una palla da mettere dentro. Che vincere è bello e importante, e se capita è meglio e devi provarci fino all’ultimo e migliorandoti, ma può andare diversamente. E che se va diversamente magari devi ammettere che gli altri sono stati più bravi, o fortunati, di te. Insomma, persone che poi affrontavano meglio la vita grazie ai suoi insegnamenti e ai suoi valori (scusate la parolaccia). Anche per questo non aveva mai voluto neppure provare a uscire dal settore giovanile, preferiva lavorare sulla materia prima, formarla. E ogni tanto gli capitava di formare qualche campioncino, intuendone le potenzialità e lavorandoci sopra, perché di calcio ne sapeva assai. L’ultimo che aveva scoperto ha appena finito la prima stagione nel Milan: Jack Bonaventura. Guarda caso è stato il migliore anche in una stagione ridicola, e guarda caso è l’unico che in una squadra (come tutte, ovvio) di tatuati, palestrati, twitterati, egocentrici, dà l’impressione di essere un ragazzo normale, che si informa, vive la vita di tutti, magari legge anche un libro ogni tanto. Già: Graziano organizzava pure presentazioni e dibattiti di libri a tema sportivo, aveva un sacco di amici giornalisti e scrittori che rispondevano “presente” a ogni sua convocazione. E a quelle serate portava i suoi ragazzi e li faceva discutere e ragionare. Oltre che le gambe cercava di allenare i cervelli.
Non credo che fosse restato l’unico a farlo, anzi, ne sono sicuro, ma era l’unico che conoscevo. Anche per questo mi mancherà. Al calcio vero, quello che conta, Graziano non mancherà affatto: non si accorgerà neppure che è morto, intento com’è a discutere di calciomercato e scandali vari.
Non conoscevo Graziano Colotti.Fino a stamattina ne ignoravo persino l’esistenza. Ma ho voluto copincollare questo articolo del Guerin Sportivo per rendergli l’omaggio che un personaggio come lui merita. E perché mi piace pensare che il calcio, quello vero, quello pulito che piace a noi tifosi, sia il calcio dei Graziano Colotti e non il calcio dei Joseph Blatter, dei Luciano Moggi e dei commissari tecnici indagati per calcio scommesse.

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3 commenti:

Mark della Nord ha detto...

"... E perché mi piace pensare che il calcio, quello vero, quello pulito che piace a noi tifosi, sia il calcio dei Graziano Colotti e non il calcio dei Joseph Blatter, dei Luciano Moggi e dei commissari tecnici indagati per calcio scommesse."

E quello dei medici sociali che bombano i calciatori?
Quello ti piace?

Entius ha detto...

Quello rientra nel calcio dei Luciano Moggi.
Tutti ricordano Moggi per Calciopoli ma non scordiamoci cosa è stato negli anni precedenti, dalla vicenda doping alla famosa monetina di Alemao.

Mark della Nord ha detto...

Ah, ora ho capito.
Quindi tu, usando l'espressione "il calcio di Moggi", metti nel calderone tutte le simpatiche iniziative de "il direttore", come viene chiamato ancora oggi dalle frange negazioniste juventine (in pratica tutti i loro tifosi-sostenitori).
E, pertanto, anche le procaci e avvenenti signore che venivano prezzolate profumatamente per "allietare" le serate delle terne arbitrali che erano state designate per le partite casalinghe del Torino nelle coppe europee?
E che venivano retribuite con il famoso conto segreto "mundial" (fondi neri, in pratica), che serviva anche a pagare i fuoribusta a giocatori, dirigenti e procuratori?
Proprio tutto, allora...
Ti chiedo scusa, Entius, se non avevo capito: starò più attento la prossima volta.
Mi doveva essere chiaro fin da subito, infatti, che per elencare tutte le malefatte, gli imbrogli e i reati commessi dal personaggio di cui si parla a quest'ora staresti ancora a scrivere.
Pertanto, giudiziosamente e saggiamente, te ne sei uscito con "il calcio di Moggi".
Sei un furbaccio, Entius.
Saluti.