Genova è
una nobile. E’ chiaro che come tutti i nobili, talune
volte va in decadenza e altre volte risale. Petrarca
l’aveva definita superba. “Vedrai una
città regale, addossata ad una collina alpestre, superba per uomini e per mura,
il cui solo aspetto la indica Signora del Mare: Genova.”
La città,
posata in un ideale palcoscenico che dà vita ad uno spettacolo superbo, si
ritrova ad avere come platea le onde del mar Ligure.
La leggenda
vuole che il nome Genova derivi dal nome del dio romano Giano, perché, proprio
come il Giano bifronte, Genova ha due facce: una rivolta verso il mare, l'altra
oltre i monti che la circondano.
L'immagine
ambivalente del Giano bifronte, che guarda al passato e vede il futuro, Genova
- città proiettata al futuro ma che sa guardare al proprio passato - la
rispecchierà sempre, anche nei suoi simboli.
Se fino ad
ora, la Milano, un tempo celebrata come la Scala del Calcio europeo, era rinomata
in tutto il continente per le sue due sfidanti cosi diverse ma cosi dominanti,
aveva lo scettro di centralità calcistica nazionale, ora quel ruolo di
controllante si è tramutato in un fenomeno da sterile periferia.
I due club
milanesi, i quali, assommano 36 scudetti, 18 a testa, stanno vivendo un periodo
di austerità anche nel mondo del pallone. Certo, non è la prima volta che
accade; il calcio è ideologia di ciclicità ma nell’era dei 3 punti a vittoria,
dopo 14 giornate Milano era già stata cosi giù nel 94-95 e nel 200-2001, quando
le milanesi, come oggi, soltanto 38 punti. La questione fa specie poiché nel
2015-2016 Milano dovrebbe essere proiettata al centro del mondo, con la finale
Champions League a San Siro alle porte,
e i benefici postumi attesi per l’Expo del 2015 .
Se Milano
cade, Genova ha ripreso il posto nella
nobiltà che conta. Il passato
glorioso del calcio genovese ha inizi nel secondo dopoguerra italiano.
Il 3
Novembre 1946, allo stadio Marassi, davanti a 40000 spettatori entusiasti, tra
cui il presidente della neo nata Repubblica Italiana, Enrico De Nicola, il
Genoa Football and Cricket club, la più antica società di calcio italiana
detentrice di 9 scudetti, tra cui il primo mai giocato in Italia, incontra per
la prima volta i blucerchiati dell’Unione Calcio Sampdoria, società con appena
qualche mese di vita. Le due
rivalità della città a confronto come mai prima. L’evento venne vissuto come un evento di totale rinascita. La
Sampdoria appena nata che batteva il grande Genoa, il quale, schierava tra le
sue fila l’immenso Juan Carlos Verdeal, uno dei primi giocatori moderni, una
straordinaria mezz’ala impossessato da una grande eleganza.
L’Unione
Calcio Sampdoria, è frutto della sezione calcio ginnastica Andrea Doria con la
Sampierdarenese; non è la prima volta che le due società uniscono le forze,
infatti gia nel 1927, obbligate dal Regime, avevano costruito la Dominante, una
realtà durata, però, solo tre stagioni.Le due
società hanno infatti poco in comune, ricca e borghese e pienamente genovese
l’una con sede in centro e campo da gioco attiguo al Genoa, operaia e
fieramente indipendente l’altra, proveniente dalla Manchester d’Italia, per
come era conosciuta Sampierdarena per la sua società industriale.
Un comune
che il fascismo aveva trasformato in delegazione per dare vita alla grande
Genoa. La fusione
tra i due club fu un processo assai laborioso, ma alla fine nella stagione
1946/1947 si vede apparire la maglia blucerchiata in tutti i campi d’Italia.
Difatti, se si ci riflette, quello della Sampdoria è effettivamente un bizzarro
nome, dato dall’inizio di una località ed il resto è un cognome.
L’antagonismo
tra le due squadre e i loro sostenitori è subito estremo; in ragione a queste
tesi si annoverano giustificazioni d’ogni forma per scegliere la squadra. C’è chi
sostiene che siano gli immigrati che arrivarono a portare manodopera alle
grandi industrie a tifare Samp, mentre il genovese doc, può essere solo tifoso
del grifone. Le origini
aristocratiche del Genoa risalgono al 7 Settembre 1893 quando dei gentiluomini
inglesi, presso il consolato britannico della città, decisero di fondare un
associazione sportiva per occupare il tempo libero.
Nasce cosi
il Genoa Cricket and Athletic Club; ma bisogna aspettare il 1896, con il dottor
Spensley, il quale, tre anni dopo la fondazione cambiò la denominazione sociale
in Genoa and Cricket Club.
A dar
manforte alla sua origine britannica, le prime formazioni erano composte
prettamente da giocatori inglesi. Il Genoa
dei primi anni del Ventesimo Secolo fu la squadra dei record. E’ la prima
squadra ad assumere un tecnico professionista, l’inglese William Garbutt,
nonché la prima squadra ad acquistare giocatori da altre società dietro
corrispettivo economico.
Insieme a
Milano, negli anni del boom italiano, costituivano il cuore vibrante del Paese. Sul
versante agonistico infatti,negli anni della grande ricostruzione sociale,
arrivarono a Genova, giocatori di specifica importanza. Un giovane ragazzo comasco di nome Gigi Meroni,
inimitabile ancora oggi, il simbolo di un epoca intera. Ed invece Ernesto
Cucchiaroni, meglio noto come Tito, d’origine argentina, il quale, si aggregò
alla Samp.
Dalle terre
argentine, tanto care ai genovesi, che nel 1923 avevano ospitato, la squadra
del Genoa in una trionfale tournee, proviene infatti Tito Cucchiaroni,
gentiluomo come pochi, elegante ed esperto ballerino di tango, che in 5 anni di
Samp segnò oltre 40 reti, portando i blucerchiati in un insperato quarto posto
e la possibilità di disputare un trofeo europeo.
Per tutta
la metà degli anni 60’, il calcio genovese, naviga in acque cattive; nel 1966
le due squadre si trovarono a giocare il primo derby stagionale, mentre
entrambe militavano in serie B.
La crisi
delle squadre rispecchia l’inizio di crisi anche industriale che colpirà
successivamente la zona ligure. Sono gli
anni in cui, qualcuno a Genova, lanciò la proposta di fondere le due squadre di
calcio, in grado cosi di ripercorre i nefasti di inizio secolo. Impensabile,
allora come oggi, quella malsana ipotesi fu prontamente accantonata. Volendo
tracciare un identikit delle due tifoserie, il blucerchiato è un tifoso molto
passionale, ma che ha quel vago distacco, rispetto al genoano, il quale si
sente l’effettivo padrone della città.
Nei canoni
di passionalità, rientra perfettamente la figura del Presidente doriano, Paolo
Mantovani. L'amore per
la Sampdoria, quella squadra che sarà capace di portare allo scudetto a
dispetto di tutti, non sboccia spontaneo. Arriva,paradossalmente, da una grossa
delusione nei confronti del Genoa. Il petroliere romano, che
avevastabilito di vivere a Genova dopo avere conosciuto la città da bambino,
ricoverato al Gaslini perunaappendicectomia, si avvicinò al calcio genovese
scegliendo le maglie rossoblù: sottoscrisse unabbonamento biennale, chiesto ai
tifosi dall'allora presidente del Genoa Giacomo Berrino per
noncedere Meroni. A fine stagione, però, il massimo dirigente si rimangiò
la parola e questo"tradimento" portò Mantovani a passare
sull'altra sponda.
L’apice
massimo doriano arriva nella stagione 90/91 quando in campo la Samp gioca in modo tradizionale
(all'italiana) con marcature auomo micidiali. Il potente Vierchowod, detto
Pietro lo Zar al centro della difesa, assieme a Lanna.Poi Mannini e Katanec. Lombardo,
pelato, tornante, detto Braccio di Ferro. L'utilissimo Pari,
l'elegante Dossena. E avanti con contropiedi che esaltano il genio
di Cerezo, la classe di Mancini el' eccezionale fiuto del gol
di Vialli. Ma quella Samp è soprattutto una squadra di amici che vive
unclima goliardico. Gruppo allegro (ma affiatato) anche fuori, cene in pizzeria
e nei ristoranti vista mare.Poi scherzi, beffe, qualche burla. C'era chi
diceva: il ricchissimo presidente Mantovani li ha viziati,questi non
vinceranno mai nulla. Li chiamavano anche: «Biancaneve e i sette nani». In
panchina sedeva un figura memorabile del calcio italiano come Boskov.
Egli in
seguito dirà, in merito alla Doria : «Nella mia vita ho vinto, ma lo scudetto
con la Samp è il più bello e più dolce. Perché l' ho conquistato nel campionato
più difficile ed equilibrato del mondo e perché era il primo per una società
che doveva ancora compiere mezzo secolo di vita. E' un po' come quando ti nasce
il primo figlio. Gioia e allegria sono maggiori».
Se la
rinascita della Samp è legata a quella di un personaggio come Mantovani, quella
dei rossoblu è più complicata e si lega a tre nomi: Aldo Spinelli, che diviene
presidente nel 1985 e del professor Franco Scoglio, l’allenatore siciliano
arrivato a Genova nel 88’, porrà le basi, con le sue sagaci lezioni di sport,
per il Grande Genoa di Osvaldo Bagnoli.
Sembra che
dopo anni di difficoltà sia finalmente ritornata l’era della rinascita per le
squadre e anche per Genova. I primi
anni 2000, sono anni di anonimato; bisogna nuovamente aspettare il 2007 per
ritrovare Samp e Genoa a combattere in un derby di nuovo in serie A, entrambi
con nuovi assetti societari, pronti a giocare un ruolo da protagoniste. Ma eccoci
alle porte della quindicesima giornata di quest’annata 201/2015. Ed eccola
qui la zampata della Superba. Piagata da due alluvioni consecutive (e
dall’ignavia di amministratori pubblici che non hanno risolto i gravi problemi
idrogeologici della città), piegata da una mancanza di lavoro ormai cronica che
spinge i suoi migliori figli a fuggire altrove, umiliata da una classe politica
inadeguata e da una classe imprenditoriale inconsistente, Genova trova la forza
di prendersi la sua rivincita con il calcio. Il Genoa terzo in zona Champions
alle spalle di Juve e Roma. La Sampdoria quarta a un punto che guarda anch’essa
all’Europa, Champions o Europa League, sognare non costa niente. In
fondo è già successo e sempre in momenti di grave crisi della città. Massimo
Ferrero, ed Enrico Preziosi non hanno grandi mezzi economici ma, evidentemente,
tanto fiuto e un po’ di fortuna (che non guasta). Samp e Genoa sono costruite
al risparmio, ma, appunto, sono costruite: pensate, studiate, meditate. Non
semplicemente assemblate, accozzaglie di giocatori multietnici più o meno
quotati, come in tante altre più celebrate compagini. Samp e Genoa sono
ripartite da due allenatori, diversissimi come carattere, ma simili come idea
di calcio: che deve essere prima di tutto un gioco di squadra.
La nuova
favola di Genova, i successi di Genoa e Samp portano i nomi di Gian Piero
Gasperini e Sinisa Mihajlovic. E hanno una ricetta semplice a dirsi ma non
facile a realizzarsi: visione di gioco e capacità di motivare i giocatori.
Sapendo rilanciare gli scarti di altre squadre blasonate che non hanno saputo
vedere il talento o aspettare che superasse una crisi. E individuando giovani
talenti, magari italiani, da mettere alla prova e lanciare nella mischia. Ora
Genova sogna, guarda dall’alto in basso Milano e Napoli, non abbassa lo sguardo
di fronte a Torino e Roma. E medita la riscossa. Che non può essere
naturalmente solo sportiva, ma quella di
un intera città sempre in bilico tra la tradizione e la modernità.
2 commenti:
Genova potrebbe tornare ai fasti dei primi anni 90 quando entrambe le squadre erano protagoniste in Italia e in Europa.
X Salvatore. Ne riparliamo a primavera. Se saranno ancora lì vorrà dire che hanno le carte in regola per tornare protagonisti. In caso contrario saranno stati solo dei fuochi di paglia.
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