In Scozia c’è un vento nuovo che soffia da Edimburgo, e il suo colore è granata. L’Heart of Midlothian sta riscrivendo la geografia del calcio scozzese, sfidando un dominio che dura da quasi mezzo secolo.
Non è una favola qualsiasi, ma una di quelle che nascono dal dolore antico e dal desiderio di riscatto. Perché chi conosce la storia degli Hearts sa che tutto era iniziato con un sogno spezzato: stagione 1985-86, ultima giornata, il titolo a un passo, poi la doppietta di Albert Kidd del Dundee che cancellò un’intera città in un istante.
Da allora, solo l’eco di quel rimpianto.
Da allora, il regno di Glasgow: titoli cuciti a turno su Celtic e Rangers, mentre gli altri osservavano da lontano. L’ultimo che osò rompere quell’equilibrio fu un giovane e ambizioso manager di nome Alex Ferguson, che con il suo Aberdeen scardinò il potere dei giganti e regalò alla Scozia un sogno diverso. Da quel momento è stato un monopolio assoluto dell’Old Firm, con 18 titoli per i Rangers e 22 per il Celtic.
Fino a oggi.
Nove vittorie, tre pareggio, nessuna sconfitta: 30 punti su 36. Gli uomini di Derek McInnes non guardano più le spalle, ma l’orizzonte. A trascinarli, la compattezza di un gruppo che ha trasformato la prudenza in ambizione, la fatica in identità. Al Tynecastle Park non si sogna in silenzio: si canta, si crede, si vive ogni partita come una rivincita contro la storia. Persino i venti del Forth sembrano spingerli avanti.
Poi c’è l’aria nuova portata da Tony Bloom, mente brillante del Brighton: investimenti mirati, idee moderne, la sensazione che questa volta non sia solo un fuoco di paglia, ma l’inizio di una rivoluzione.
L’altra scelta azzeccata è stata quella dell’allenatore, con Derek McInnes annunciato già a maggio, in uscita dal Kilmarnock, che aveva riportato in Premiership nel 2022. Il tecnico scozzese aveva in precedenza legato il suo nome alla panchina dell’Aberdeen, con cui ha vinto una coppa di Lega nel 2014, ma soprattutto quattro secondi posti consecutivi alle spalle del Celtic, sempre superando la soglia dei 70 punti. La stagione 2016-17 in particolare è rimasta negli annali recenti dei Dons pur restando senza titoli: 76 punti, gioco di squadra spettacolare con tantissimi uomini in gol e entrambe le finali di coppa perse contro il Celtic. McInnes è uno di quelli che sanno adattarsi alla rosa che hanno in mano e che credono nello sviluppo umano e sportivo dei giocatori.
Ma questa squadra può contare su un attacco atomico imperniato sulla coppia formata da Lawrence Shankland (capocannoniere con sette reti e che ha segnato in tutte le categorie scozzesi ed è ormai stabilmente anche in nazionale) e dal portoghese Claudio Braga (già sei gol a referto), scovato dagli scout del club in estate dai norvegesi dell’Aalesund.
Sessantacinque anni senza titolo, quarant’anni senza un campione che non venisse da Glasgow. È tanto, troppo. Ma ci sono stagioni che nascono già leggenda, e quella degli Hearts ha il sapore delle grandi epopee: contro il destino, contro i giganti, contro ogni pronostico.
Forse non vinceranno. O forse sì. Ma una cosa è certa: il cuore di Edimburgo ha ricominciato a battere forte, forte come non accadeva dai tempi in cui un giovane Ferguson osò sfidare gli dei.
THESEUS. “Mi innamorai del calcio come mi sarei poi innamorato delle donne: improvvisamente, inesplicabilmente, acriticamente, senza pensare al dolore o allo sconvolgimento che avrebbe portato con sé.”

4 commenti:
Secondo me l'Hearts può farcela. Non sarà semplice, ma sono sicuro che riuscirà a spezzare il duopolio di Glasgow.
La stagione è ancora lunga e può succedere di tutto. Ma...
Intanto hanno messo in riga tutti, poi possono tranquillamente farcela considerando che Celtic e Rangers non sono stati finora brillantissimi.
Sicuramente una squadra da seguire attentamente. Sta facendo benissimo e a quanto pare ha tutta l'intenzione di portare a casa un'inaspettato trionfo.
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