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martedì 12 maggio 2015

ADDIO A MWEPU, L'UOMO CHE SPAZZO' VIA UNA PUNIZIONE PER SALVARSI LA VITA

Joseph Ilunga Mwepu. A molti questo nome non dirà nulla. Eppure questo “anonimo” calciatore dello Zaire (oggi Repubblica Democratica del Congo), morto venerdì scorso all’età di 65 anni dopo una lunga malattia, rimarrà per sempre nella storia per un clamoroso gesto ai mondiali in Germania del 1974, quando la sua nazionale, qualificata per la prima volta alla fase finale della Coppa del Mondo grazie al successo in coppa d'Africa, incontrò il Brasile campione in carica.
Lo Zaire aveva esordito in Germania contro la Scozia, perdendo 2-0, prima di crollare contro la nazionale jugoslava nella seconda gara del girone: finì addirittura 9-0. All'85esimo minuto della gara contro il Brasile, con lo Zaire sotto per 3-0, i verdeoro hanno la possibilità di aumentare il vantaggio con una punizione da buona posizione. Sul pallone Rivelino, tiratore eccezionale dei calci da fermo, parlotta con i compagni allungando i tempi di battuta. Così dalla barriera schierata si stacca Mwepu correndo verso il pallone, scagliandolo il più lontano possibile. Tutti i giocatori restano straniti, il terzino si becca un giallo e le ironie dei giornali.

Ma la realtà è un'altra. Mwepu non era un amatore catapultato ai mondiali senza conoscere le regole del calcio. In quei tempi, in Zaire, vigeva la dittatura di Mobutu Sese Seko, il maresciallo-presidente al potere dello stato africano per oltre 30 anni. Mobutu, che voleva sfruttare il calcio per aumentare la popolarità nel suo Paese e la sua notorietà internazionale, aveva cavalcato la vittoria nella coppa d'Africa per fini personali. Il 9-0 subito contro la Jugoslavia era troppo pesante per l'orgoglio di uno dei tiranni più pericolosi della storia, e prima della gara con il Brasile era arrivata la minaccia alla squadra: "Se perdete per più di 3-0 nessuno tornerà a casa vivo".
È da qui che nasce il gesto di Mwepu, conseguenza del panico che viveva il calciatore col Brasile vicino al quarto gol.
Quel calcio di punizione è passato alla storia, per anni, come un momento di grande ilarità. Prima che qualche giocatore dello Zaire tirasse fuori la verità. “Pensavamo che saremmo diventati ricchi, appena tornati in Africa, ma dopo la prima sconfitta venimmo a sapere che non saremmo mai stati pagati e quando perdemmo 9-0 con la Jugoslavia gli uomini di Mobutu ci vennero a minacciare. Se avessimo perso con più di tre gol di scarto dal Brasile, ci dissero, nessuno di noi sarebbe tornato a casa.”
Il protagonista del gesto aspetterà addirittura quasi 30 anni e solo nel 2002, racconterà i fatti, cancellando definitivamente quell'ombra di ironia che accompagnava da sempre i racconti e ricordi del suo gesto. "Eravamo già sul 3-0, fui preso dal panico e calciai il pallone lontano. I brasiliani ridevano, ma non capivano cosa io provassi in quel momento". Ora che Mwepu non c’è più, potrà essere ricordato e capito. E quella punizione battuta al contrario non sarà più un simbolo di vergogna. Ma solo il gesto tentato da un uomo disperato per salvarsi la vita. Passando alla storia.

2 commenti:

Mattia ha detto...

Ricordavo vagamente la vicenda... Un classico esempio di come il calcio non sia solo uno sport ma spesso sconfina in altre situazioni.

Mark della Nord ha detto...

Mwepu e i suoi compagni furono fortunati perché riuscirono a salvarsi la vita.
Ricordate quello che accadde a Escobar, il giocatore della Colombia la cui autorete ad USA '94 provocò grosse perdite nel giro delle scommesse clandestine?