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martedì 24 febbraio 2015

Il dilemma della monoposto e il RB Lipsia

 
Il dilemma calcistico che arrovella il rigoroso ordine di pensiero germanico, divenuta una circostanza non più opinabile, ha origine nel recente passato; la collocazione temporale in questione, più precisamente si può far coincidere con l’ascesa globale di un noto brand commerciale.
Colleghiamo qualche filo di connessione logica e il perfetto thriller è servito.
Ha più fascino una vecchia locomotiva giallo-blu indubbiamente retrò e di bellezza neorealista, ricolma di speranze verso un degno futuro, ma strettamente legata all’immobilismo conservatore o la sensualità accattivante di una rossa e sfrecciante monoposto, diretta al successo senza inutili compromessi, e sprezzante del pericolo come un feroce toro dinnanzi alla sua preda ?
Tale dilemma imperversa nella realtà germanica da circa un decennio.Passatemi il paragone motoristico, ma ben rappresenta le ultime vicissitudini dell’ex Germania Est.
Siamo in Sassonia. Lipsia. Baluardo di sperimentazione, epicentro di cambiamenti, fondamentale ubicazione economico-politica, e non ultima per importanza, fattore predominante nelle origini del calcio tedesco. Le squadre storiche e maggiormente blasonate della città sono il Chemie Lipsia e il Lokomotive Lipsia. A voler proprio essere antologici, troviamo anche il VFB Lipsia, fondato nel 1896, il quale vinse non a caso il primo titolo tedesco della storia, battendo in finale nettamente il DFB Prag, che era la squadra della comunità tedesca trasferitasi a Praga. In realtà le vittorie in campionato della compagine di Lipsia divennero poi anche altre in quegli anni pioneristici per i teutonici, con le susseguenti affermazioni in campionato nel 1906 e nel 1913. Tuttavia, dopo la divisione della Germania, il Lipsia si trovò in pianta stabile nella Oberliga ed a partire dal 1965 assunse il nome di Lokomotive Lipsia, che in qualche modo avrebbe fatto sognare i tifosi della città. La Lokomotive nacque in pratica dall’unione del VFB Lipsia e della Rotation Lipsia ed era per il regime la squadra di punta della città, anche ai danni del Chemie. Infatti, i migliori talenti dello stesso Chemie venivano trasferiti alla Lokomotive nell’intento di allestire una squadra vincente ed in grado di primeggiare.

Inoltre, la Lokomotive ultimamente ha riacquistato la propria identità calcistica grazie alla fede e all’attaccamento alla maglia dei suoi tifosi non riuscendo però mai a raggiungere il sogno di un titolo nazionale (cosa in cui invece riuscì clamorosamente il Chemie), ma in compenso vinse per ben 5 volte la Coppa della Germania Est e si guadagnò ottimi consensi in Europa. Nel 1974 la Lokomotive, infatti, giunse fino alle semifinali della Coppa UEFA, eliminata soltanto per mano del Tottenham Hotspur, ma avevano estromesso dalla competizione squadre molto quotate e blasonate del calibro di: Torino, Wolverhampton, Fortuna Dusseldorf ed Ipswich Town. Nel 1987, invece, i gialloblu fecero ancora meglio, arrivando fino alla finale della Coppa delle Coppe, dopo aver eliminato Glentoran, Rapid Vienna, Sion e Bordeaux, perdendo però per mano dell’Ajax e di Marco Van Basten.La storia della d’amore giallo-blu  è continuata poi con fortune importanti fino alla dismissione dell’Oberliga. Nella Germania della riunificazione il club è sprofondato nelle categorie inferiori, cambiando anche nome in Vfb Lipsia. Tuttavia, nel 2004 gli stessi e nostalgici tifosi della vecchia Lokomotive hanno rifondato il club con la stessa denominazione e gli stessi colori sociali, partendo dalle categorie dilettantistiche. Anzi dall’ultima divisione del calcio tedesco, l’11esima e definita Kreisklasse. Ma un cosi profondo legame ed un attaccamento ai colori sociali è stato totalmente ripagato. Infatti, nell’ottobre del 2004 per il match interno contro l’Eintracht Grossdeuben in 12.421 sono accorsi per celebrare il ritorno della loro Lokomotive in campo. “Heroes die, legends live forever”, questo è lo slogan preferito dei sostenitori gialloblu nell’accompagnare la loro squadra al grande ritorno verso il grande calcio.

Ed è proprio qui che il dilemma della monoposto fiammeggiante entra in scena.

Attore principale di questa ricostruzione è il signor Dietrich Mateschitz e la sua brillante idea imprenditoriale; tutto inizia con la creazione dell’energy drink più celebre : Red Bull. L’impero Red Bull per essere piu realistici. 
Un toro rosso simbolo di dominio e vittoria, forse coniato dalla formula vincente della franchigia NBA di Chicago tra le quali vedeva protagonista uno dei più forti atleti del 900, Michael Jordan.
Una scuderia di Formula Uno, diverse squadre di calcio, 456 atleti in un centinaio di sport diversi, dallo snowboard al motocross, dal beach volley all’hockey; poi un canale televisivo, diverse riviste sportive e non, una compagnia telefonica: ogni anno Red Bull spende mezzo miliardo di dollari nello sport. Con un’investimento economico inferiore solo rispetto a quelli di Nike, Adidas e Coca Cola, la società austriaca è quella che più di ogni altra negli ultimi vent’anni si è impegnata a entrare nel mondo dello sport, per modificarlo e innovarlo. Una strategia di marketing che va ben oltre la semplice sponsorizzazione.Investe nello sport, infatti, dopo aver acquistato la scuderia in Formula Uno ha provato a spingere la bevanda nel mercato americano — dove la Formula Uno non è molto seguita — comprando i New York MetroStars, “la caricatura di una squadra di calcio”. In molti pensavano che la mossa, già tentata da altri impresari prima, fosse un errore, ma Mateschitz li ha smentiti. Ha rivoluzionato la squadra a partire dallo stadio, abbandonando quello dei Giants per il nuovo Red Bull Arena da 200 milioni di dollari con 25mila posti. Ha abbassato il prezzo dei biglietti a 25 dollari, rendendole gli eventi sportivi di rilevanza nazionale più economici da seguire a New York, spingendo sempre più spettatori allo stadio, ormai quasi sempre pieno a ogni partita. Red Bull ha poi incominciato a scegliere direttamente allenatore e giocatori, svecchiando la squadra e tentando di modernizzare e velocizzare il gioco, in linea con l’immagine della bevanda. 
Ora iniziate a capire un po’ il paragone motoristico, della monoposto, già spesso vincente in Formula. Il signor Mateschitz sta cercando di applicare la sua forza e sete di vittoria anche nel calcio, e specialmente a Lipsia, centro cittadino di spiccato interesse finanziario. La veloce formula uno aggancia la vecchia locomotiva.La Red Bull ha fatto irruzione nel calcio tedesco già da diversi anni; ma adesso, loro malgrado, se ne stanno accorgendo tutti quei tifosi, in Germania e non solo, legati ad un immagine meno legata a tematiche di guadagno. Dopo una scalata cominciata nel 2009 (con l’acquisizione del SSV Markranstädt), la squadra di Lipsia, detenuta dal colosso mondiale legato alla famosa bibita, è ora in 2.Bundesliga: il club della Germania dell’Est, in meno di un lustro, è passato dalla quinta alla seconda divisione tedesca, infondendo preoccupazione tra le società calcistiche non solo del campionato cadetto, ma anche dell’attuale Bundesliga.A Salisburgo, dove ha sede la compagnia, dal 2000 la squadra di hockey su ghiaccio è entrata nell’orbita dell’Energy Drink, vincendo, dal 2008 in poi, quattro titoli austriaci.
Il caso che più ha fatto rumore, tuttavia, è legato all’acquisizione, da parte della Red Bull, della storica Austria Salisburgo nel 2005, diventata un caso internazionale. Come il nuovo management dichiarò ormai nove anni fa, in quel momento iniziava la storia di un nuovo club con un nuovo nome, spazzando via la tradizione dell’Austria Salisburgo: i colori sociali cambiarono da viola a biancorosso e il nome, in un primo momento, fu “Red Bull Salzburg FC”, poi cambiato semplicemente in “FC Salzburg” a causa delle regole della Federcalcio austriaca sulle sponsorizzazioni applicate ai nomi delle squadre. Ciò non ha impedito, in ogni caso, alla dicitura “Red Bull”, coi famosi due tori rossi della bibita come simbolo, di apparire nello stemma della squadra. La stessa dicitura, tuttavia, non può essere apposta durante le competizioni UEFA (gli osservatori più attenti si saranno accorti che, in Champions League o in Europa League la squadra di Salisburgo ha lo stemma coi due tori ma senza la scritta “Red Bull”).
La tifoseria si spaccò: nonostante l’ostilità generale iniziale, all’odore delle prime vittorie tanti tifosi iniziarono ad appoggiare il progetto Red Bull (con l’assurdo, per alcuni, di continuare ad andare allo stadio con la sciarpa viola in segno di una continuità mai riconosciuta neanche dalla Red Bull), mentre un buon numero di tifosi, compresa l’intera tifoseria organizzata, ha dato vita e sostenuto la rinascita dell’Austria Salisburgo, ora militante in terza serie austriaca. Ma questa è una storia che, bene o male, conosciamo.In Austria, comunque, la presenza Red Bull è diventata, di anno in anno, sempre più invadente: in Serie B, la Eerste Liga, il Liefering è di proprietà della stessa Red Bull e serve da “Farm team” per l’FC Salzburg, mentre l’FC Salzburg II (ovvero la Red Bull II) è in Landesliga, il quarto gradino del calcio austriaco (tra l’altro, essa guida il campionato dopo un terzo della stagione).
Morale della favola, nella sola Austria tre squadre nelle prime quattro serie sono della Red Bull, con la seria prospettiva di essere tre nelle prime tre serie.
 Tornando alle vicende teutoniche, la squadra si impianta immediatamente a Lipsia, il Markranstädt viene fatto ripartire dal basso dalla stessa Red Bull (va ricordato che parliamo di un paese alle porte di Lipsia con 15.000 abitanti) e il club entra in diretta concorrenza con le storiche Lokomotive Leipzig e Sachsen Leipzig, le squadre locali, almeno fino a quel momento, col maggior seguito (oltre 500.000 abitanti la città, un milione l’intera area urbana).
Forte della precedente esperienze e dopo le notevoli contestazioni sorte in Austria quando l’Austria Salisburgo fu acquisita dal “Toro Rosso”, in Germania la Red Bull ha cambiato strategia. Ha scelto di partire dal basso, di programmare una scalata pluriennale, in una città relegata ai margini del sistema calcistico nazionale nonostante il suo potenziale e, soprattutto, di non intaccare la storia dei due maggiori club cittadini.Ciò non è bastato, a nomea fatta, ad evitare di far etichettare la Red Bull Leipzig come “calcio moderno”: cosa può essere, altrimenti, una squadra senza tradizione alle spalle e che è gestita direttamente da uno dei più grandi colossi economici del pianeta? Ciò nonostante, in un sondaggio pubblicato proprio nel 2009 tra i cittadini di Lipsia, il 70% era favorevole all’ingresso della Red Bull nel calcio locale.
In tanti, infatti  preferiscono seguire le vicende della Lokomotive e del Sachsen, ma non degli artefatti della Red Bull. Anzi la squadra è oggetto di feroci critiche anche da parte della maggior parte delle tifoserie tedesche. Negli stadi tedeschi è facile trovare delle tifoserie che nelle loro curve espongono striscioni contro la squadra della Red Bull. Eppure la Red Bull Lipsia milita nella Zweite Bundesliga, la seconda divisione teutonica, cioè un campionato ben più ambizioso e da seguire rispetto alle categorie minori. Ma forse anche questo non basta per vincere i legittimi amori calcistici dei nostalgici di Lokomotive e Chemie. 
L’affermazione è una strada impervia, ma la storia Red Bull ha già dimostrato in passato di essere caparbia e  vincente.
Allora meglio un giro a bordo di  una Red Bull sul celebre tracciato del Nürburgring o sui binari con una carrozza della Deutsche Bahn ?


P.S. Ieri il Rb Lipsia, ha pareggiato.  


3 commenti:

Theseus ha detto...

Bell'articolo. Anche se l'ho trovato molto prolisso (l'ho letto in tre tranche...)

Pakos ha detto...

@Theseus. Mi fai un riassunto?
Io non ce l'ho fatta a leggerlo tutto, dovevate dividerlo in due o più articoli.

Anonimo ha detto...

Che cagata di articolo. Un lungo e infinito blablabla per un'argomento che non interessa a nessuno.
Theseus, come minimo dovresti farti dare una ricompensa per averlo letto tutto.